Film

Gli Equilibristi (Les Equilibristes) – un film di Ivano de Matteo


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Ieri sera a Nizza, in avant-première al cinema Rialto, ha avuto luogo la proiezione de Gli Equilibristi di Ivano de Matteo. 

Presentato nella sezione Orizzonti al Festival del Cinema di Venezia, il film, che sarà distribuito in Francia a partire dal 27 febbraio, è reduce dal festival di Bastia dove ha ricevuto numerosi premi, tra i quali anche quello come migliore attore per Valerio Mastrandrea.

“Equilibristi”, oltre che un termine evocativo, è anche quello tecnico con il quale gli assistenti sociali definiscono le persone che sopravvivono in una situazione economica così precaria da essere ben oltre la soglia della povertà, anche se non abbastanza, agli occhi dello Stato, per ricevere un adeguato sostegno da parte del sistema.

Giulio, in seguito alla separazione, da una situazione di relativo benessere economico scivola in una sempre più difficile, della quale non riesce a far parola con la ex moglie e i figli. 
Pudore. Questa è la prima parola che viene alla mente nell’assistere a questo film.

E’ infatti il pudore, la necessità di mantenere una dignità agli occhi dei figli e del mondo, che spinge il protagonista a tenere nascoste le condizioni sempre più precarie in cui sta versando.
Ed il pudore è anche quello che fa muovere la camera al regista, che si trova quasi suo malgrado a spiarne i movimenti. Incredibilmente delicati  sono i suoi piani di ripresa, in cui si tiene in disparte, come se non volesse infierire mettendo troppo in mostra il dramma umano che si sta svolgendo sotto i suoi occhi.

Numerosissimi sono gli ostacoli che si trovano a filtrare la scena: porte socchiuse, spiragli tra i mobili, griglie, reti, fino all’emblematica scena del cassonetto, dietro il quale il regista, e con lui lo spettatore, quasi si nascondono per seguire i passi di quest’uomo ridotto sempre più all’ombra di se stesso.

Ma i filtri visivi più pregni di significato sono le persone: bambini, teste, corpi, viavai di passanti, c’è sempre qualcuno che ingombra il campo visivo; a questo proposito anche l’uso massiccio dello sfuocato, oltre ad immergere il protagonista nella sua solitudine, crea una separazione di piani molto significativa: le persone sono in tutti i sensi su piani differenti, ognuna immersa nella propria vita, nessuna di loro -nemmeno i cosiddetti amici- si rende davvero conto del dramma che le si sta svolgendo accanto.

E infatti, per nulla secondariamente, questo è anche un film sull’incomunicabilità: non a caso le cortine più dense e invalicabili sono rappresentate proprio dalle persone.
L’equilibrismo non è solo economico, ma anche emotivo; a camminare sul filo sono soprattutto i sentimenti: basta un attimo perché smettano di esprimersi e precipitino nel nulla.

Notevoli le interpretazioni degli attori, a cominciare da quella di Valerio Mastrandrea, definito dal regista un “clown senza trucco”. Il film è costruito come una parabola dalla commedia al dramma e durante la progressiva metamorfosi economica e emotiva del suo protagonista si assiste anche alla trasformazione dei suoi tratti fisiognomici e della sua postura: lo sguardo si abbassa, le spalle si stringono, la camminata si fa vagabonda come quella di un cane randagio. Fino a quando, nel lungo finale senza parole, Giulio l’equilibrio lo perde per davvero ed è solo per caso se non cade definitivamemente dal filo. 
Un finale intelligente e aperto che smette di raccontare proprio nel momento in cui apre la porta alla comunicabilità.

 

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Ivano De Matteo al Cinema Rialto – Nizza

 

Un commento

  • marco barsotti

    veramene una serata gradevole, un film che racconta una storia non banale, e,sopratutto assolutamente attuale.
    mi vien da dire che avrebbe dovuto essere questo film, e non quello sui carcerati dei Taviani, a rappresentare l’Italia agli Academy.
    Pazienza, Ivano é ancora giovane, ci sará l’occasione.