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Knossos

Correva l’anno 1900 quando l’archeologo Arthur Evans dava inizio all’opera di scavo che avrebbe portato alla luce le rovine del palazzo di Minosse a Knossos. Dopo tre anni quasi tutta l’area era scoperta ma risultò subito evidente che i monumenti necessitavano di importanti restauri.
All’inizio del secolo scorso la conservazione archeologica non era concepita in modo moderno -evitando cioè qualunque contaminazione con elementi estranei all’epoca- e il modo in cui Evans decise di ricostruire e rinforzare le parti del palazzo portate alla luce può sembrare ai nostri occhi piuttosto sconcertante. Egli utilizzò infatti una grande quantità di cemento armato a sostegno delle strutture, dipingendo in giallo le parti che corrispondevano a costruzioni di legno e aggiungendo elementi architettonici ricostruiti.
Di certo però la sua opera, a volte contestata da altri studiosi, ci permette oggi una visione del palazzo in tutta la sua grandiosità. La creatività e fantasia dell’archeologo inglese nulla ha tolto alla sua competenza, ma permette a noi oggi di immaginarci in modo un po’ più realistico la favolosa struttura che occupava la collina di Kefala.  

Il sito archeologico risale all’età del bronzo ed è la testimonianza più importante dell’età minoica con il suo palazzo legato ai miti di Minosse, di Dedalo e del Minotauro.
Fu edificato sulle rovine di un palazzo più antico risalente al 2000 a. C. e distrutto probabilmente nel 1628 a. C in seguito all’eruzione vulcanica di Thira, l’odierna Santorini. Il secondo palazzo fu costruito all’inizio del XVI sec. a. C. . Privo di mura difensive, a dimostrazione che l’isola, probabilmente anche perché protetta naturalmente dal mare, non era soggetta ad invasioni di altri popoli.

Il complesso di edifici, alto in alcune parti fino a cinque piani, copre una superficie di circa 22 kmq ed aveva una grande scalinata con colonne. Poco si sa delle facciate dei palazzi cretesi, ma è probabile che non avessero una grande rilevanza architettonica, mentre invece gli interni erano interamente affrescati.
Quelli ritrovati e ricostruiti a Cnosso si trovano ora al Museo Archeologico di Iraklio, sostituiti da copie in loco. In essi si nota l’influsso della cultura egizia, presente soprattutto nelle raffigurazioni umane di profilo, a testimonianza degli scambi commerciali tra le due civiltà.
Vi sono raffigurate scene di giochi con i tori, processioni e dame, che danno un’idea della vita sociale che si conduceva a palazzo, ma anche soggetti marini e motivi geometrici. Ciò che è notevole è che per la prima volta degli affreschi vengono utilizzati non con scopo simbolico o religioso ma semplicemente estetico, per abbellire i luoghi in cui si viveva. 
Un sistema di scarichi tra i più complessi dell’antichità serviva bagni e latrine, alcune stanze erano dotate di bracieri per il riscaldamento invernale mentre al pian terreno erano presenti enormi magazzini per conservare cereali, vino, olio e lana.

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Tutti i reperti ritrovati mostrano l’alto livello culturale e la raffinatezza estetica raggiunti dalla civiltà minoica prima della sua distruzione, avvenuta in circostanze ancora non del tutto chiarite, sebbene ci sia ormai accordo nel collegarla al disastro seguito all’eruzione vulcanica di Santorini: terremoto, tsunami, ceneri vulcaniche, stravolgimenti ambientali diedero senz’altro un duro colpo alla popolazione cretese dell’epoca, che fu poi attaccata e devastata dai micenei verso il 1450 a. C.

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