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Visita alla Thalès Alenia Space di Cannes Mandelieu

È grazie all’associazione Parsec, che organizza anche tutte le attività dell’Astrorama, che abbiamo potuto partecipare a questa visita guidata della fabbrica Thalès Alenia Space di Cannes.
In questi stabilimenti che sorgono proprio sul lungo mare di Cannes La Bocca e che hanno una lunga e interessantissima storia si costruiscono oggi satelliti per l’osservazione terrestre, per i quali l’azienda resta ad oggi ancora il leader, nonostante la concorrenza di Airbus, e di altri costruttori statunitensi, cinesi, arabi e russi.

Attualmente il direttore è Pierre Lipsky e la fabbrica conta 2200 dipendenti più 3-400 lavoratori esterni impegnati sul sito. 
La conferenza e la visita sono messe in opera da ex dipendenti degli stabilimenti. Si tratta di guide e relatori facenti parte dell’associazione CASP (Cannes Aéro Spatiale Patrimoine) che cura anche il sito che raccoglie tutte le informazioni relative. Come quelle che tracciano la storia di questa azienda, le cui tappe ci sono state sintetizzate al nostro arrivo.


La fabbrica nasce il 16 agosto del 1929. Il fondatore Étienne Romano costruisce aerei e idrovolanti e assieme all’uomo d’affari André Auniac e finanziato da Benjamin Solomon Guinnes riesce a farsi assegnare dal sindaco di Cannes il terreno che si trovava sul cono di atterraggio dell’aeroporto di Mandelieu. Qui costruisce la sua fabbrica.

Durante la Seconda Guerra Mondiale essa fu bombardata poi continuò ad essere attiva per il governo di Vichy: vi venivano costruiti aerei per la Germania. Alla fine della guerra sarà la volta di razzi e missili.

Nel 1957 diventa Sud Aviation, celebre per la costruzione dei Caravelle e del Concorde, mentre nel 1959 è il momento degli esperimenti sulla bomba atomica a sulla bomba H. Qui vengono costruiti i Mirage 4 che servono a trasportarle, oltre ai missili balistici terra terra e terra mare.
Nel 1962 inizia la creazione dei satelliti (Pleiades), nasce la ESRO che diventerà ESA nel 1972. Nel 1970 nasce la Aérospatiale e nel 1998 con Alcatel Space termina l’attività di costruzione di missili.
Il 2005 segna la fusione con l’italiana Finmeccanica e nel 2007 nasce Thalès Alenia presente con una decina di stabilimenti in tutta Europa, di cui quello di Cannes è la sede operativa.

Gli usi dei satelliti sono molteplici. Possono essere di tipo prettamente scientifico (per comprendere cioè il sistema solare e l’universo, il primo nella storia fu lo Sputnik lanciato il 4 ottobre del ’67), per le telecomunicazioni (satelliti geostazionari, si situano a 36.000 km dalla terra per girare alla sua stessa velocità. Il 2 agosto ’60 fu lanciato Echo 1A, il primo satellite di questo tipo), per l’osservazione terrestre (fenomeni legati all’agricoltura o militari, l’11 dicembre ’61 fu lanciato il primo Cosmos 1B) e per la meteorologia (17 febbraio ’59, Vanguard 2, il primo satellite meteo), per la navigazione (17 settembre ’59: Transit 1A. Per la triangolazione servono almeno tre satelliti, essi si situano a 20.000 km di altezza dalla terra)
I satelliti per la pura ricerca sono fatti di solito in un solo esemplare (salvo casi particolari come i Voyager costruiti in due esemplari).
I satelliti per le telecomunicazioni, realizzati per clienti come le agenzie spaziali (ESA CNES ASI etc), organismi internazionali (Intelsat, Inmarsat, Eutelsat, Arabsat etc) e organismi privati (SES, American Globalstar, Iridium, O3b), invece sono in genere riprodotti in più esemplari.

Il tipo di orbita del satellite cambia a seconda dell’uso degli stessi. Quelli geostazionari si trovano a 36.000 km di altezza e a livello dell’equatore (tre permettono di coprire tutta la terra), quelli per l’osservazione della terra che devono invece permettere una visione vicina si trovano ad orbite molto più basse  (300-1400 km, compiono il giro della terra in 90 minuti circa).
Poi ci sono le costellazioni per le comunicazioni o per trasmettere internet, che si trovano a 2500 km poiché devono permettere un tempo di latenza accettabile perché l’onda arrivi a terra. Ce ne vogliono tanti perché ce ne sia sempre almeno uno visibile (da 20-40 a 70-80 a seconda dello scopo).Fanno parte di questo tipo gli 
O3b (“over three billion” finanziati dal capo di One Web per dare internet ai paesi poveri attorno all’equatore) e gli Iridium.

Un discorso a parte meriterebbero i progetti dedicati alla ricerca scientifica, come Huygens (qui il comunicato stampa a 10 anni dell’atterraggio su Titano) o quelli relativi alle missioni su Marte. 
Sono i più affascinanti ma anche i più complessi da trattare in un’occasione di questo tipo. 

Purtroppo all’interno dello stabilimento è vietato fare foto.
Qui sotto un paio di ricostruzioni del Sentinel 3 costruito per l’ESA per missioni di osservazione della terra, che abbiamo potuto vedere in fase di integrazione all’interno dello stabilimento.


Accanto c’era uno Spacebus 4000 per le telecomunicazioni commissionato dal Bangladesh.
Gli Spacebus costituiscono il 50% dell’attività della fabbrica. La loro costruzione è modulare, sono infatti composti da una piattaforma cui si aggiunge il carico utile coperto da un guscio per proteggerlo dall’attrito del lancio e quindi i pannelli solari per creare energia.

Nell’immagine di repertorio qui sotto, uno Spacebus in camera bianca, ambiente indispensabile per l’assemblaggio delle ottiche. 

Il Laboratorio di ottica non può essere visitato in quanto si tratta di camere in cui la massima presenza di polveri possibile è di 3 particelle per pollice cubo.

Le fasi della costruzione sono il mating (assemblaggio delle due parti, piattaforma e carico utile), l’integrazione, la creazione del vuoto termico, il montaggio delle antenne, le prove di vibrazione, le misure della massa centrale  e dell’inerzia, le prove elettromagnetiche (i satelliti sono sottoposti a onde radio per 8-10 giorni), la messa in container e la spedizione in Canadair Antonov (l’unico aereo in grado di trasportarlo in quanto si tratta di 50 tonnellate di materiale).

I satelliti devono poter durare 15 anni senza possibilità di riparazione, è prevista quindi la ridondanza di tutti gli equipaggiamenti. Inoltre vengono fatti test su tutti i componenti per la resistenza alle vibrazioni (che sono fortissime soprattutto allo spegnimento degli stadi) e al rumore (livello acustico 140 dB), alle radiazioni solari (in orbita infatti non c’è più la protezione del campo magnetico terrestre), al vuoto (si valuta soprattutto il comportamento delle pitture e dei componenti) e alle temperature (che in orbita vanno dai 170°C quando è esposto al sole ai -175°C quando è nel cono d’ombra della terra).
L’interno è protetto dalle coperture color oro o nere, e per il freddo ci sono dei radiatori.

Noi abbiamo potuto vedere il locale in cui vengono fatti tra l’altro i test delle temperature. Il cilindro usato a questo scopo misura 10 metri di diametro e 10 in profondità. È doppio perché nell’intercapedine tra i due viene inserito l‘azoto liquido per il raffreddamento.
Il satellite viene lasciato un giorno o due alle alte temperature e altrettanti a quelle fredde. Tutto il processo è ripetuto 3 o 4 volte.


Altri test riguardano le vibrazioni e le onde elettromagnetiche, anch’essi durano parecchi giorni.

Per quel che riguarda il lancio in orbita esso è seguito da Thalès fino alla stabilizzazione della stessa.
I satelliti geostazionari dopo il lancio hanno un orbita molto eccentrica, che va dai 200 km al perigeo ai 36.000 km. Ci vogliono tre stazioni da terra per controllarlo nei primi 8 giorni e il satellite necessita di propulsione per la circolarizzazione dell’orbita.
In effetti a questo scopo servono i 3/4 dell’insieme del carburante presente sul satelite (che in massa costituisce la stessa equivalente di quella totale). Il restante quarto di carburante serve per contrastare l’azione gravitazionale di sole e luna una volta che il satellite è in orbita. Servono infatti continue correzioni, ogni15 giorni almeno, anche perché la terra non è omogenea e le stesse montagne attirano il satellite, contribuendo a modificarne tendenzialmente l’orbita.

Il “fine vita” dei satelliti pone il problema della spazzatura spaziale.
I satelliti geostazionari vengono semplicemente posizionati più in alto di 300 km per non disturbare gli altri. Si svuota il carburante, si taglia la corrente e non viene più controllato. Questa soluzione, necessaria per motivi economici, sta creando un guscio di spazzatura attorno alla terra che si renderà sempre più necessario affrontare.
I satelliti in orbite basse si cerca invece di farli rientrare nell’atmosfera terrestre per farli bruciare (velocità 36.000-40.000 km/h). 

La nostra visita termina come era iniziata, con il saluto della mascotte del sito: Felix the Spacecat.
È stato lui infatti ad accoglierci al mattino, poi, questa volta, la conferenza l’ha evitata (sa già tutto ormai), ma per salutarci alla fine c’era.



Potete farne la conoscenza e seguirne le avventure (più o meno spaziali) qui, sulla sua pagina Instagram.