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Alta Velocità – un racconto di Stefano d’Andrea

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Inutile che lo cerchiate. Non c’è.

O meglio, non c’è più, perché ha vissuto un solo mese su facebook, dove è stato pubblicato quotidianamente a puntate, per poi sparire nel nulla da dove era arrivato. 
Come il treno che ospita i bizzarri personaggi e la storia surreale che Stefano ci racconta: spunta dal nulla, è già partito, se ne conosce la meta, ma non si sa quando e se arriverà.
Questo viaggio lo facciamo tutti assieme, la pubblicazione in fieri ci rende quasi contemporaneo il tempo della narrazione, anche se essa avviene al passato.

Il protagonista Theo, che “aveva appena preso sonno” ci guida nel suo sogno, in quel “misterioso stato in cui il corpo si placa ma l’anima no”, non c’è da stupirsi, dunque, che siano tutte le paure, le pulsioni e le passioni più profonde ad esprimersi nel suo racconto.
Noi siamo trasportati, viaggiamo con lui in questa cellula spazio-temporale, in questo piccolo universo abitato da presenze che assomigliano più a folletti che ad esseri umani: nani, mutanti, personaggi dei fumetti, supereoi che compiono le loro evoluzioni restando sempre in bilico tra finzione e realtà.

Naturale anche che la narrazione segua il filo delle libere associazioni mentali che ogni piccolo particolare ingenera: incongruenze, assurdità, mostruosità e illogicità sono le anti-leggi che reggono la trama, proprio come nei sogni.

L’Alta Velocità non è quella del treno, che infatti per far proseguire la storia si ferma; e non è neanche quella del racconto, che amplifica su 31 puntate ciò che può largamente essere letto in una sera.
L’Alta Velocità è quella del pensiero onirico, unica dimensione in cui si possono concentrare storie lunghissime in pochi minuti, in cui si può viaggiare rapidissimi senza spostarsi e in cui ciò che è lontano può diventare improvvisamente vicino.
Sono infatti la moglie e il figlio che non vivono più con lui, che Theo intravede accanto a sé alla fine del racconto, quando è ancora intorpidito da quelli che crede essere gli effetti della droga somministratagli.

Alla fine, assieme a Theo, ci svegliamo anche noi e il sogno svanisce per sempre. 

(a meno che non ci si sia premurati di trascriverlo su apposito taccuino posto all’uopo sul comodino; dicono possa essere utile)