70-80,  Food and Drink

Anni 70 e 80. I liquori italiani spopolano nelle pubblicità vantando le proprietà benefiche delle erbe. I nomi dimenticati che ora rivivono

C’è un complemento di arredo delle nostre case da bambini che tutti ricordiamo: il mobile bar. Sotto forma di carrello o di ribaltina nelle librerie era una sorta di scrigno che conteneva preziose bottiglie dalle fogge elaborate e dalle etichette colorate. Più ancora dei sapori – per lo più inaccessibili per chi in quegli anni era un bimbo – i liquori degli anni 70 sono rimasti incisi nella nostra memoria per il loro design e per le pubblicità, i cui claim e canzoni in alcuni casi sopravvivono allo stesso prodotto.

Biancosarti, “l’aperitivo vigoroso”

Ideato negli anni 50 dal bolognese Luigi Sarti, raggiunse la celebrità negli anni 70 e 80 anche grazie a campagne pubblicitarie vincenti: testimonial furono, fra gli altri, Ubaldo Lay (1917-1984) nelle vesti del Tenente Sheridan e Telly Savalas (1922-1994) in quelle dell’indimenticabile Tenente Kojak.

Canzoni e variazioni sul tema

Anche Giorgio Gaber (1939-2003) e Raoul Casadei (1937-2021) realizzarono spot per questo liquore derivato dalla distillazione di erbe, spezie e radici, ma la cui ricetta è sempre rimasta segreta. Oggi c’è chi lo propone per un originale Spritz bianco.

L’“appuntamento yes” di Punt e mes 

“Appuntamento yes, appuntamento di punt e mes”. Impossibile non canticchiare le parole che accompagnavano lo spot di questo che è uno dei più tipici liquori degli anni 70 e che si definiva come “l’originale alternativa”.

Un punto e mezzo in borsa

Lo slogan recitava “un punto di dolce e mezzo di amaro”, il Punt e Mes unisce infatti la dolcezza del vermouth all’amaro della china. Alla Carpano narrano che il liquore nacque il 19 aprile 1870 nella bottega torinese, grazie a un agente di borsa preso in una discussione sulla crescita di certi titoli saliti di un punto e mezzo.

E un gesto eloquente

Al nome si associò anche un gesto utilizzato per ordinarlo: pollice alzato e una linea tracciata in verticale verso l’alto, che indicava i punti in ascesa. Si dice che anche Giovanni Agnelli (1921-2003) ne fosse un grande fan. È ancora in produzione e, come per molti liquori degli anni 70 caduti un po’ in disuso, il sito ne rilancia l’utilizzo per i cocktail.

Rabarbaro (barbaro) Zucca

È Isabella Rossellini (1952) a proporci, in uno spot raffigurante una Cina assai stereotipata, il liquore estratto dall’omonima erba aromatica. Il Rabarbaro Zucca fu creato da Ettore Zucca nel 1845. Basato sull’infusione alcolica dei rizomi della pianta del rabarbaro, viene servito come aperitivo o digestivo, ma le ricette più elaborate ne vedono la preparazione in abbinamento al chinotto, al Campari o sotto forma di Spritz. Celebre l’Alstair, preparato con Bitter Campari, vermouth dry e spumante brut. Sul sito del liquore si propone anche lo Zugoni, variante del celebre Negroni.

Ricette che risalgono alla seconda metà del XIX secolo

La tradizione italiana per la distillazione di liquori con infusione di erbe conobbe nel corso dell’800 una vera fioritura: alla seconda metà del secolo risalgono anche il Mandarinetto e l’Amaro 18  Isolabella. Se questo conteneva 18 erbe, l’Amaro del Carabiniere era fatto con un mix di ben 63 erbe. Celebre tra i liquori degli anni 70, era prodotto esclusivamente per le caserme; la sua creazione si deve a Michele Sassano e le etichette erano dedicate alle forze dell’ordine. 

Vov…

A inventare il Vov, “liquore all’uovo – Zabaione confortante”, fu nel 1845 il pasticcere padovano Gian Battista Pezziol, che pensò così di recuperare i tuorli che gli avanzavano dalla preparazione dei torroni. Il liquore ebbe da subito un grande successo tanto che gli arciduchi di Vienna gli conferirono un brevetto e la possibilità di stampare sull’etichetta il loro simbolo: l’aquila bicipite. Durante la seconda guerra mondiale venne fornito alle truppe italiane sui vari fronti con il nome di VAV, che stava per “Vino Alimento Vigoroso”, mentre il nome originale Vov viene dal termine dialettale veneto “vovi”, cioè uova.

…o Zabov

Prodotto dalla Moccia, durante la sua storia, che inizia nel 1946, il liquore ha virato dal gusto al marsala verso quello al brandy. Venne registrato con il nome Zabov, unione tra le parole “ZABaglione” e “OVo”. Una delle caratteristiche identificative di questo liquore tipico degli anni 70 è la bottiglia dalle curve sinuose, realizzata in vetro trasparente per mostrare tutte le sue qualità cromatiche.

Nel bombardino

L’utilizzo più noto oggi di questi due liquori è quello che se ne fa sulle piste da sci: chi non ha mai approfittato degli effetti corroboranti di un bombardino per riprendersi dal freddo e dalla fatica delle discese?

Cynar, “contro il logorio della vita moderna”

Reso celebre dai caroselli degli anni 60 interpretati da Ernesto Calindri (1909-1999) il Cynar è stato rilanciato attraverso uno spot trasmesso nel 2007 e nel 2008 con protagonisti Elio e le Storie Tese. In esso il celebre tavolo in mezzo al traffico si trasforma in una navicella spaziale a forma di carciofo e viene ripreso anche lo storico slogan.

Carciofi e vitamine

A base di carciofo, fu creato nel 1948 dall’imprenditore veneziano Angelo Dalle Molle (1908-2001), che assieme al fratello Mario diede inizialmente a questo distillato un nome decisamente troppo scientifico: CaB1. All’epoca infatti il liquore era arricchito con vitamina B1. Nel 1952 arriva il nome Cynar e l’etichetta che lo renderà uno dei più famosi liquori degli anni 70. Oggi è uno dei più gettonati tra i bartender in cerca di sperimentazioni per i loro cocktail.

L’amaricante…

Il jingle dello spot del Kambusa one l’amaricante – a differenza del liquore per il quale era stato utilizzato l’insolito aggettivo – è tra quelli che più sono perdurati nella nostra memoria. Il termine, che suona esotico ed esclusivo, indica in realtà la generica capacità di un ingrediente di dare un gusto amaro (appunto amaricante).

…e l’amarevole

Con un altro geniale intervento linguistico l’amaro Cora invece procedette al conio di un vero e proprio neologismo: “amarevole”, una paronomasia costruita sulla parola dal suono simile “amorevole”. Negli spot di Carosello si sente la musica della canzone Amorevole, cantata da Nicola Arigliano (1923-2010), ma con la vocale modificata. L’amaro Cora è ancora in produzione ed è riproposto in molte ricette per cocktail.

“Sopra tutto, Fernet Branca”

L’aquila che sovrasta un mondo targato Fernet-Branca: l’immagine è indelebile e caratterizza da sempre la memoria impressa nei bambini degli anni 70 e 80, incantati davanti al carrello dei liquori. Nello spot poi quella potentissima aquila era in grado di portare bottiglia e bicchieri direttamente sull’uscio di casa senza alcuno sforzo.

Non ti scordar del fernet

L’amaro, creato nel 1845 da Bernardino Branca (1802-1886), è composto da 27 erbe, spezie e radici provenienti da quattro continenti. Tra queste china, rabarbaro, cannella e tiglio, ma la ricetta è tuttora segreta e viene tramandata di padre in figlio. Fernet-me-not, quale miglior nome per un cocktail basato su un indimenticato liquore?

Brrr…Brancamenta

Lo scalpello, il blocco di ghiaccio e la mano che lo scolpisce. In sottofondo una voce femminile che sussurra: “Brrr… Brancamenta”. Tutti ne ricordiamo il famosissimo spot. Brancamenta nasce negli anni 60, sembra addirittura grazie a Maria Callas (1923 – 1977). che prima di esibirsi amava bere un bicchiere di Fernet Branca con qualche fogliolina di menta. Proprio dall’abitudine della Divina sarebbe nato lo studio per la produzione di una bevanda nuova caratterizzata da una formula arricchita dall’olio essenziale di menta piperita piemontese.

Mode che arrivano… 

Grazie alla crescente passione per la “mixology”, l’arte di studiare i mix alcolici e di creare nuovi abbinamenti per cocktail fantasiosi, negli Stati Uniti sono sempre più ricercati gli amari italiani: l’Amaro Montenegro e l’Amaro Ramazzotti oggi si miscelano in drink facili e dissetanti. 

…e gusti che vanno

Ma come spesso accade nel campo del palato, le mode e i cambiamenti di gusto fanno sì che prodotti di grandissimo successo perdano improvvisamente il loro appeal.

Il caso Oro Pilla

È celebre il caso del Brandy Oro Pilla. Questo distillato, il cui stabilimento si trovava alle porte di Bologna, diventò un caso commerciale, perché passò dall’essere il liquore più venduto in Italia negli anni 70 a un crack repentino quanto apparentemente immotivato. Lo stabilimento esiste ancora, ma si dedica a prodotti di nicchia come il brandy Villa Zarri, il nocino e altre specialità a diffusione molto limitata.