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Jessica Drenk, la struttura organica della materia

Originaria del Montana, l’artista Jessica Drenk utilizza materiali semplici, come volantini pubblicitari, matite, cotton fioc, pezzi di compensato, per creare sculture all’apparenza caotiche ma che in realtà mirano a rivelare la struttura organica della materia. 
Le sue opere esplorano come forme e textures diverse possono combinarsi creando nuove realtà che sono al tempo stesso materiali e concettuali.

Jessica definisce appunto questo processo un’“alchimia concettuale”: che fa sì che attraverso la manipolazione fisica i significati degli oggetti trasmutino. Ogni pezzo è una risposta diretta al materiale, una sovversione dei significati ad esso associati e un riferimento al ciclo di vita degli oggetti nel tempo.

L’artista ha sviluppato una passione per il mondo naturale da quando era molto giovane. Questa sensibilità è diventata una vera fonte di ispirazione per le sue opere che imitano spesso forme organiche. Tattili e materiche, le sue creazioni evidenziano il caos e la bellezza dei materiali di base e quello che ne risulta è un’assimilazione profonda tra natura e artificio: “su una scala temporale abbastanza lunga, non c’è differenza tra la natura e la fabbricazione umana, nel ciclo di vita degli oggetti, tutto alla fine ritorna alla terra”, afferma.

La sua passione per l’archeologia affiora dalle sue prime serie. Archaeologica è un’installazione progettata per evocare l’atmosfera dei musei di storia naturale. Opere fatte con oggetti usa e getta prendono l’aspetto di forme naturali, stravolgendo gli schemi di ciò cui viene dato valore scientifico da museo. Ci fanno anche guardare a noi stessi, al nostro rapporto con la natura e alle eredità che lasceremo.

Nella serie Circulation, strisce arrotolate di pagine di libri alludono alla connessione materiale tra i libri e la pasta di legno usata per farli: un promemoria del ciclo di vita circolare dei materiali e la connessione tra il mondo naturale e quello fatto dall’uomo. 

Anche i lavori della serie Aggregate sono interamente fatti di carta usata: volantini pubblicitari, cataloghi, coupon, buste, giornali e cartoline sono incollati insieme per formare degli strati che evocano rocce striate e formazioni geologiche, una scala temporale in diretto contrasto con il nostro rapporto momentaneo con questo supporto di comunicazione.

Come le formazioni della grotta da cui prende il nome l’opera, le migliaia di matite che compongono Speleothem sembrano gocciolare dal soffitto e crescere dal pavimento, raggiungendosi l’un l’altra.  Sebbene la forma dell’opera suggerisca l’accrescimento, la sua testurizzazione implica l’erosione: le protuberanze e le sporgenze sono levigate, come se fossero lucidate dall’acqua che gocciola.

Anche le sculture della serie Implements sono create incollando migliaia di matite e poi levigando l’esterno di ogni forma.  Così facendo, ogni pezzo esibisce un contrasto tra la geometria fatta dall’uomo all’interno, e un esterno che evoca forme e texture naturali.  

Dendrite è un’installazione site-specific; in ogni sua incarnazione gruppi di cotton fioc intinti nel gesso si accumulano in forme ramificate.  Una dendrite è una massa cristallina con una struttura ramificata che imita il modo in cui il ghiaccio cresce su se stesso. L’opera stessa sembra così prendere mano a mano possesso dello spazio in cui si sviluppa.

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