ACQUA E SAPONE
70-80,  Film,  Music

1983. Acqua e sapone consacra il sodalizio tra Verdone e Liberatori. La versione integrale della colonna sonora vede oggi finalmente la luce

Acqua e sapone, il quarto film di cui Carlo Verdone è regista – oltre che autore del soggetto e della sceneggiatura – esce nel 1983. Finalmente, dopo quasi 40 anni, ne viene oggi pubblicata anche la colonna sonora integrale. Abbiamo intervistato l’autore, Fabio Liberatori, che ci ha raccontato, tra le altre cose, del suo sodalizio con Verdone.

Acqua e sapone

Acqua e sapone, il film

La trama del film, che vede protagonista Sandy Walsh (Natasha Hovey, 1967) e Rolando Terrazza (Carlo Verdone, 1950) racconta il fortuito incontro di una baby-modella statunitense con un trentenne laureato in perenne attesa del posto da docente.
Il caso vuole che lui possa fingere di essere il precettore incaricato di accompagnare ed educare la quindicenne a Roma e che ne approfitti inizialmente per arrotondare le sue entrate. La ragazza scopre presto la vera identità di Rolando ma i due fanno un patto: Sandy manterrà il silenzio e lui la coprirà nei suoi tentativi di sfuggire alle rinunce impostegli dalla sua rigida routine di modella.
Tra i due nasce una tenera amicizia e Rolando si innamora della ragazza “acqua e sapone”. Sandy vive a sua volta i primi turbamenti amorosi.

acqua e sapone

Acqua e sapone, la colonna sonora

La colonna sonora del film ha come tema principale il brano omonimo degli Stadio, Acqua e sapone ed è opera di Fabio Liberatori (1960).
Membro fondatore della band, Fabio era stato già autore del soundtrack di Borotalco (1982), il precedente film di Carlo Verdone.

Fabio Liberatori

Fabio Liberatori

È l’inizio di un lungo sodalizio. Il compositore accompagnerà infatti da quel momento la maggior parte dei film del regista romano. L’ultima sua realizzazione è la colonna sonora della serie Vita da Carlo, prodotta nel 2021 da Amazon Prime e Filmauro.

Ne è corsa di acqua sotto i ponti…

(AF) – Cominciamo dalla notizia del giorno, la pubblicazione della colonna sonora integrale del film Acqua e sapone del 1983. Come mai esce solo oggi?

(Fabio Liberatori) – Eh già! Sembrava impossibile che potesse uscire dopo tanto tempo. Ma col tempo si sono creati una serie di problemi editoriali: diritti ceduti agli editori successivi, case discografiche che chiudono e così via. Le richieste però continuavano ad arrivare dallo zoccolo duro degli appassionati di Verdone e non solo da loro. Hanno infatti cominciato a vedere i film di Verdone anche le nuove generazioni e, alla fine, la Beat Records, che è una etichetta di Roma molto importante specializzata in colonne sonore, è riuscita a mettere insieme tutte le autorizzazioni per far uscire regolarmente il disco. Addirittura hanno deciso di fare sia l’edizione in vinile che l’edizione in cd. E quindi siamo stati tutti felici. Verdone per primo, io per secondo.

Il remastering

(AF)  Per questa release avete fatto anche un lavoro di remastering. In cosa consiste esattamente? Si tratta di interventi puramente tecnici o in qualche modo anche artistici?

La colonna sonora originale

(FL) –  La colonna sonora è assolutamente originale. Siccome però i supporti erano un pochino datati, è stata fatta un’operazione di pulizia, di mastering, sistemando per bene anche l’equalizzazione di tutte le frequenze, in modo da dare una qualità, diciamo da anni 2000, a un prodotto che era dell’83. Ma la musica non è stata assolutamente ritoccata, né sarebbe stato possibile, visto che sono stati utilizzati i nastri originali.

Il ritorno al vinile

(AF) – E per quel che riguarda il vinile a 180 grammi, si tratta di una richiesta di mercato o di una scelta personale che deriva da una specifica passione per l’hi-fi?

(FL) – Ci sono due aspetti diversi che hanno fatto optare per questa scelta. Innanzitutto ci sono gli audiofili, gli appassionati che preferiscono il vinile. Poi però si scopre che anche i ragazzi hanno cominciato ad apprezzare il piacere di avere un oggetto fisico in mano, invece di avere un file digitale scaricato dalla rete. I giovani riscoprono il piacere dell’oggetto fisico con una grande foto, con degli inserti e con i testi fatti come si deve. Negli ultimi dieci anni c’è stato di nuovo il boom delle vendite del vinile che si pensava essere quasi finito, tant’è che rimanevano pochissime fabbriche in grado di fabbricarli. E adesso invece vende più quasi il vinile del cd. Perché sia i vecchi appassionati che i giovanissimi stanno riscoprendo l’analogico.

Il pubblico di ora e di allora

(AF) –  Hai fatto riferimento alle diverse età del possibile pubblico. A chi si indirizza e chi pensate possa essere l’ascoltatore medio? Chi ha vissuto gli anni 80 e quindi ricorda la colonna sonora o anche chi è nato dopo il 2000?

(FL) – Per la mia esperienza alla Fiera del Disco a Roma, che è stata qualche settimana fa, ho visto chiaramente che ci sono entrambe la realtà: lo zoccolo duro, costituito dalle persone che hanno visto i film all’epoca – oppure pochi anni dopo con le cassette VHS – ma anche una grande parte, io direi forse un 30-40%, di ragazzi che poi si sono appassionati in epoca recente. Non so se li abbiano scoperti autonomamente o attraverso i genitori, fatto sta che c’è da parte dei ragazzi una riscoperta degli anni 80. E questo anche per la musica, non solo per i film.

La passione per gli anni 80…

(AF) – Perché c’è qualcosa di trasversale probabilmente in certe cose, nella musica, nel costume, che va oltre…

(FL) – Potremmo anche ampliare il discorso. Il digitale aveva ucciso in un certo senso la musica per via della riproducibilità e della pirateria, riducendo enormemente la qualità delle produzioni.
A mio avviso questa cosa arriva all’ascoltatore, che percepisce che molta musica è arida dal punto di vista tecnico, creativo e anche dal punto di vista della qualità audio. Non voglio fare assolutamente una polemica, ci sono tanti prodotti che sono buoni anche oggi.

…e il loro mood

(AF) –  Sei stato tra i fondatori della band degli Stadio ed hai collaborato con artisti come Lucio Dalla (1943-2012), Ron (Rosalino Cellamare, 1953) e Francesco De Gregori (1951).  Qual era il mood generale della società di quegli anni e quanto era diverso produrre musica?

(FL) – Allora c’era un’immersione completa, cioè noi ci chiudevamo negli studi, a volte si viveva in isolamento dal mondo. Adesso i dischi si fanno a casa e addirittura gli strumentisti si mandano i brani separati, via streaming, poi si aggiungono le cose e poi si correggono. Invece lì stavamo in 15 persone, c’era un brainstorming continuo, si creava insieme e gli artisti potevano sperimentare.

Riunioni di… gabinetto

(AF) – Qualche aneddoto di quegli anni…

(FL) – Lucio Dalla era mitico perché non sapevi mai quello che poteva succedere. Se a lui piaceva il riverbero di una chitarra con l’amplificatore dentro al gabinetto si metteva l’amplificatore dentro al gabinetto e il chitarrista suonava lì dentro dove il suono era unico. Capisci che le sonorità di quei dischi spesso erano particolari, perché erano ricche e non erano i suoni di adesso. I compositori molto spesso usano una paletta di suoni elettronici che è la stessa in tutto il mondo. E insomma allora era un modo di procedere un po’ diverso. Era tutto meno precotto. Si conoscevano gli ingredienti uno per uno, non erano semplicemente assemblaggi di suonI

Fabio Liberatori Carlo Verdone

Il legame con Verdone…

(AF) – Che legame hai con Verdone?

(FL) – È facilissimo per me risponderti perché si collega esattamente a quello che abbiamo detto finora. Noi abbiamo la stessa passione per i grandi gruppi del rock storico. Verdone ha una discografia di 5-6000 cd, compresi gruppi sperimentali, musica elettronica ecc. Sono pochissimi i registi italiani che hanno un background di questo tipo, che vengono un pochino più dal rock che non da una concezione di colonna sonora classica per i loro film. Fu grazie a Lucio Dalla che fui chiamato a collaborare a Borotalco.

Galeotto fu Lucio Dalla

Nel film infatti si parlava di Lucio Dalla, io ero il suo tastierista e siccome lui era pieno di impegni fui delegato io a fare tutto il lavoro. Fu così che conobbi Verdone che alla fine del film mi disse “Guarda Fabio, mi sono trovato molto bene, non ti mollo più, io”. Io non credetti a questa promessa, ma quando l’anno dopo mi chiamò per Acqua e sapone, capii che non era una frase fatta!
Amavamo gli stessi gruppi, i Genesis, Emerson Lake & Palmer, i Pink Floyd, David Sylvian, i Japan, eravamo praticamente sulla stessa lunghezza musicale. E in qualche modo abbiamo cercato di farla entrare anche nelle colonne sonore dei film italiani. 

Il rifiuto della concezione macchiettistica

Mi sono sempre rifiutato, con altri registi con cui ho collaborato, di utilizzare la musica macchiettistica delle commedie all’italiana. Questa debolezza di scrittura musicale sottolinea un po’ in modo grossolano le cose comiche. E se io e Verdone qualcosa abbiamo desiderato fortemente, è stata proprio quella di portare il nostro gusto musicale, che era decisamente anglofilo rispetto al tipo di musica ascoltata anche nelle commedie. L’abbiamo portata poi avanti sempre fino adesso e anche in Vita da Carlo.

Il processo di creazione artistica

(AF) – Come si arriva a comporre la musica per un film? E’ lo script che ispira?

(FL) – La mia esperienza varia enormemente. Ci sono stati registi che mi hanno detto che non avevano la minima idea di cosa fare e mi davano carta bianca, poi ci si lavorava sopra. Poi c’è Verdone. Lui ha sempre tantissime idee e ci confrontiamo. L’ispirazione prima mi viene dalla lettura della sceneggiatura e dalla visione dei primi pezzi che si cominciano a girare. A quel punto si mette a confronto l’idea, la tipologia del brano e se si deve sottolineare il lato malinconico o quello allegro, il personaggio oppure l’ambiente. Però lui in molti casi ha già in mente una sonorità e con lui il lavoro è completamente diverso perché lui vuole seguire la musica in ogni dettaglio e ci dobbiamo per forza lavorare insieme

Grazie a Moog

(AF) – C’è qualcosa che vuoi aggiungere?

(FL) –  Sì, ringrazierò per sempre i geni del XX secolo che hanno creato gli strumenti elettronici dagli anni 60 in poi, perché senza di quelli io praticamente non esistei. Cito per tutti l’ingegnere Robert Moog (Robert Arthur Moog, 1934-2005), che è scomparso da molti anni e ha dato la possibilità alla storia della musica di evolvere in modo completamente diverso.