Art

Guacolda, tutte le dimensioni del tratto

Guacolda è un’artista di origine cilena basata a Parigi le cui opere sorprendenti sono realizzate con tecniche miste in cui alla pittura, al disegno, alla fotografia, all’utilizzo plastico di materiali diversi, si sovrappone l’intreccio e il ricamo.
Il tratto è il loro comune denominatore. Nei suoi dipinti, incisioni, disegni, opere multimediali, la linea è soggetto, oggetto e mezzo.

Il filo. Il filo del discorso. Il filo è ciò che lega. C’è un senso, una direzione da seguire, che si manifesta nei suoi lavori, che da vicino mostrano il loro intento di costruire un mondo a partire dai suoi mattoni e da lontano rivelano ciò che di umano è sotteso ovunque.
Se la linea costruisce gli universi, solo l’uomo li ricrea interpretandoli.

Anche quando dipinge Guacolda afferma di usare i pennelli come se ricamasse, se tessesse la sua tela.
L’operazione diventa evidente nelle opere in cui è il supporto ad essere a sua volta intrecciato, suddiviso, intessuto, annodato attraverso fili che moltiplicano la superficie, rielaborando e ricreando ciò che inizialmente vi era raffigurato.
Ritratti, fotografie disegni si proiettano allora, attraverso ramificazioni significative, verso forme nuove, colori e percorsi che danno loro una dimensione supplementare.  

Il tratto è anche impronta, segno che può farsi significante, alfabeto.
La sovrapposizione casuale di più tracce le permette di creare incontri, quelle che chiama “coreografie a due dimensioni” la cui moltiplicazione permette di andare oltre l’istante presente, di vedere le cose da più punti di vista nello stesso istante. 

Il tratto come vibrazione infine. C’è molto movimento nei suoi lavori, che appaiono spesso transitori nella loro forma. 
I suoi ricami su pluriball disegnano profili percorsi da brividi, figure che lo sguardo attraversa per ritrovarsi in un dentro che è allo stesso tempo un fuori.
C’è soprattutto la sensazione che le sue opere non siano definitive, che se ne percepisca solo uno stato, mentre in realtà ve ne sarebbero di infiniti da esplorare. Ma la funzione d’onda collassa lì, nell’istante stesso in cui le osserviamo.

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