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Bahk Seon-Ghi, il volume instabile della percezione

Bahk Seon-Ghi è un artista della Corea del Sud che si è laureato alla Seoul Fine Arts School nel 1994. Ha poi studiato a Londra al Barnet College e a Milano, all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Lavora su differenti forme di espressione, il cui filo conduttore è l’illusione intrinseca nella percezione. 

Le sue sculture interrogano, attraverso giochi di prospettive e “Point of View” (molte si intitolano così) sulla degradazione che ogni informazione che riceviamo dall’esterno inevitabilmente subisce. Troviamo così la serie di oggetti (colorati uniformemente in modo da essere ridotti il più possibile a pura forma) che, come nei giochi prospettici delle sculture anamorfiche, prendono le sembianze di ciò che rappresentano solo se osservati da un preciso punto di vista. Bahk porta gli spettatori, invece di guardare soltanto le sue opere, a pensarle fuori dagli schemi.

Hanno sempre a che fare con la percezione le sculture e le installazioni che crea a partire da frammenti di carbone sospesi a fili di nylon. Si tratta di oggetti quotidiani o semplici o di forme geometriche con un approccio spesso architettonico che creano realtà cariche di poesia. Per la loro composizione, per la loro leggerezza e per il modo in cui trasformano lo spazio.

Bahk ha creato tavoli, scale, cerchi e cornici, strutture architettoniche in cui le forme vengono ricostruite dalla mente per induzione, riempiendo la parte mancante delle informazioni che veicolano. Ciò nonostante ai nostri occhi esse appaiono tutt’altro che incomplete, disegnando realtà oniriche sospese che non mancano di nulla. 

Oggetti banali, presentati in un contesto dissociato dal loro ambiente reale, apparentemente fluttuanti nel vuoto, le sue installazioni occupano lo spazio in modo magico. Non toccano il suolo, non toccano il soffitto, sono fatte di spazi vuoti, eppure creano volumi dalla profondità e persistenza molto potente. 
Nelle opere di Bahk il materiale fragile diventa forte. I fili di nylon sono importanti quanto il carbone, attivano lo spazio. Se infatti uno strato di fili di nylon è appena visibile, molti trasformano lo spazio in un flusso. La costruzione stessa sembra stare in piedi nella solidità, ma è in uno stato fragile che ci chiede di immaginare che gli oggetti non siano forme finite ma “in costruzione”. 

Il carbone, il materiale preferito di Bahk, è profondamente radicato nelle tradizioni del suo paese d’origine, dove viene utilizzato nei rituali di purificazione quotidiani. Riecheggiando la funzione tradizionale di allontanare gli spiriti maligni, ghirlande di carbone vengono anche appese davanti alle porte per annunciare la nascita di un bambino.
Bahk dà al carbone un significato profondo per simboleggiare sia la permanenza che la transitorietà e per illustrare il ciclo della vita.

Il carbone, soprattutto, contiene la memoria dell’albero, è un’altra forma della sua esistenza. Nel definire le sue opere, Bahk Seon-ghi dice: “Il carbone è legno trasformato. Pertanto, il materiale di tutte le mie opere è il legno, nient’altro”.
Le sue installazioni spesso mimano colonne fluttuanti o resti di piante, a ricordare la forma che un tempo avevano quei frammenti fossili.

In altri casi il carbone è sostituito da perle di materiale acrilico trasparente, che simbolicamente può essere letto come carbone sublimato, diamante perfetto che rende immortali le sue nuvole.

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